martedì 31 dicembre 2013

Ci siamo... qualcuno vivrà un capodanno indimenticabile?


Bene, oggi è l'ultimissimo giorno dell'anno... Sono mesi che leggo su facebook stati di gente che cerca di fuggire da questo giorno, dall'organizzazione del festone, dalle orde di amici che fanno la stessa richiesta insostenibile "Ao, a regà, ma quest anno che se fa a capodanno?" e tutti li a dire "Boh, ma tanto c'è tempo, che ce dovemo pensà adesso?" Così, in men  che non si dica arriva il giorno fatidico e la maggior parte della gente si ritrova impantanata dentro casa di qualcuno che ha avuto il culo di avere i genitori più furbi di loro. Se non si stà in casa, ci sono sempre i veglioni in discoteca, nei ristoranti... Rigorosamente alla lontana dai propri genitori... E invece quest anno ho deciso di trascorrerlo proprio in famiglia l'ultimo giorno del 2013. Genitori e sorelle. Ovviamente con mariti e prole al seguito. Io non posso fare altrimenti, dato che ormai sono diventata una specie di canguro ambulante con tanto di sacca incorporata. E ci metto la casa, dettaglio da non sottovalutare. Ma diciamo anche che non sono mai stata tipa da ristoranti, da discoteche, viaggioni megagalattici alla ricerca della scopata perfetta... Ops, no, scusate, per le bimbe non si chiama scopata, si chiama "serata perfetta in compagnia di un figone assurdo che ci ha volute per la nostra dolcezza, con il  quale abbiamo condiviso minuti da sogno sulla pista da ballo e che sicuramente non mi dimenticherà mai, magari mi cercherà e avremo tanti bambini insieme." ... Bah. Sarà  che neanche quando ho avuto l'occasione di scatenarmi ho fatto nulla di tutto ciò. Preferii una serata in compagnia di 3 amici fidati in casa loro a chiacchierare fino alle 4 di notte piuttosto che un salto nel buio con una mia amica in uno chalet in montagna di un suo CONOSCENTE... La mia amica alla fine non concluse quasi nulla, si ubriacò e cadde vittima del torpore post sbornia. Io così non mi diverto. Ma sono strana io, non lo metto in dubbio! Comunque, tanto per continuare nella mia reiterata stranezza, mi godo un racconto ad hoc, rigorosamente horror (detto da una che lo scorso capodanno si è vista con suo marito Shining... ) e ho deciso di condividerlo con voi. Perché spero fortemente che il prossimo anno sia migliore per tutti, non solo per me, e con l'horror si può continuare a sperare... O no?!


Il Clochard
Sostava ogni giorno sotto il tunnel della metropolitana fumando nazionali.
Era sporco, i capelli lunghi, unti e brizzolati, chiedeva l'elemosina ai pendolari.
Ogni giorno.
Ogni notte.
Ma Ragno non aveva mai visto il becco di un quattrino, neanche da parte di quelli così moralisti da sedersi in salotto, la sera con gli amici, disquisendo sulla povertà vergognosa che popolava la città.
Ipocrisia.
I signorotti che sorseggiavano vino, mangiavano pasticcini e tè alle cinque del pomeriggio, sempre agghindati a festa dal mattino alla sera... Le signore dai bei capelli acconciati e profumati, i trucchi variopinti e i capi firmati che indossavano...
Quella era la feccia della società, individui da scrutare dal basso verso l'alto con espressione disgustata.
Infagottato nelle notti d'inverno, nei suoi cartoni, aveva adibito a sua dimora un hotel abbandonato, nel bel mezzo di un quartiere frequentato dagli stessi ricconi che tanto lo disprezzavano.
Con il calare delle tenebre, quando tutti erano rintanati nelle loro case al caldo tepore del camino, Ragno si armava di liquore forte e andava a coricarsi nella sua reggia, lontano da occhi indiscreti.
A volte riusciva a portare con sé qualche amica, per passare il tempo o solo per dar sfogo alle sue voglie represse di uomo di strada.
L'aspetto che aveva non pregiudicava il fatto che fosse un ottimo amante e fortunatamente le puttane di strada non si formalizzavano davanti l'odore o la sporcizia, a quelle cagne bastavano i soldi.
E di quante storie era venuto a conoscenza durante i suoi incontri a pagamento...
I potenti, che ricorrevano alle loro mercanzie, i ricchi, con la facciata di uomo onesto e fedele alla propria moglie, dalla mente perversa e violenta... Il sorriso si allargava sulle sue labbra ogni volta che ascoltava un aneddoto su questo o quello, un sorriso di amarezza, invidia e rivalsa.
I soldi non erano mai stati un problema, certo non poteva attribuire la sua fortuna all'elemosina ma non era neanche nella posizione di potersi lamentare.
Ogni mattina, accanto al suo fagotto di stracci, trovava un fascio di banconote pronte per essere spese. Se avesse messo da parte tutti quei soldi di giorno in giorno, avrebbe certamente avuto tra le mani una piccola fortuna.
E qualcosa aveva nel doppio fondo degli scarponi, una piccola riserva nel caso al suo misterioso benefattore capitasse qualcosa.
Povero si, stupido no di certo!
Una mattina si era svegliato, intorpidito dal troppo liquore scolato la notte precedente, e aveva trovato i soldi accanto senza neanche un bigliettino. Nessun riferimento a persone o motivazioni.
Non ci aveva pensato molto, comunque, aveva intascato le banconote e si era concesso un bel bagno di vino per festeggiare.
Prima o poi il suo benefattore avrebbe chiesto un tributo per la sua generosità?
A volte Ragno pensava a questa eventualità, ma per paura liquidava il suo lambiccare con “ quando capiterà si vedrà...”

Erano le nove di sera e le strade erano completamente deserte, essendo inverno e buio pesto.
Era una settimana, poi, che i lampioni non volevano saperne di accendersi e nessuno ancora era venuto ad aggiustare la centrale elettrica.
Camminò a lato della strada, attento a non farsi investire da qualche pirata, e raggiunse la sua dimora. Sbadigliò al vento, sguaiatamente, senza pensare a nulla, solo con la voglia di dormire sodo.
Quella mattina aveva avuto a che fare con un teppista, quello che si definisce un neonazista.
E di neo aveva di sicuro il cervello.
Lo aveva pestato a sangue per gioco o per odio, non sapeva, poi se ne era andato non prima di avergli sputato addosso insulti e saliva. Era arrivata la polizia, lo avevano portato in ospedale, dove era stato ripulito e medicato, poi era stato portato in centrale per le solite formalità del cazzo e infine, finalmente, era stato lasciato libero.
Ad avere almeno venti anni in meno, lo avrebbe ucciso come un cane, a quel figlio di puttana.
Gli doleva tutto, non c'era parte del corpo che non gridasse dal dolore, ma ora era davanti casa e si sarebbe sdraiato nel suo letto di cartone dormendo il sonno del giusto.
Entrò e salì le scale a chiocciola, arrivò in quella che aveva deciso fosse la sua stanza e si arrestò di colpa, i brividi lungo tutto il corpo.
C'era un uomo in piedi accanto la finestra senza vetri.
Un uomo con una bombetta.
In controluce la sua figura era alta, snella e sormontata da una lunga veste.
L'uomo si mosse e ruotò nella mano un bastone appuntito, uno di quelli da lord.
Chi era quel cane che aveva osato defraudare casa sua?
Ragno strinse i pungi ma si rese conto che il dolore era troppo intenso anche per quel semplice gesto.
Si arrese.
Si sedette su uno sgabello, accendendo una lampada a petrolio, e si voltò verso l'intruso.
Lo fissò.
Era un bell'uomo, con dei baffetti curati, capelli neri lisciati dalla brillantina e uno sguardo ironico con cui lo rimirava.
Il vestito nero classico, le scarpe classiche anche quelle e un mantello dall'imbottitura rossa.
Surreale.
Ragno lo guardò a lungo senza proferire parola e senza che l'intruso desse segni di impazienza.
Chi sei?”
La voce, resa roca dal troppo liquore bevuto, era uscita corredata da sputacchi di saliva rossa.
Ragno si pulì col dorso della mano, senza smettere di fissare l'uomo.
Ti sei curato? Quel ragazzino te le ha date di santa ragione oggi!”
Che voce... accattivante!
Il barbone rimase interdetto e non riuscì a rispondere.
Non sai chi sono, dunque... eppure hai incassato il denaro che ti ho offerto senza problemi...”
Il sorriso sardonico che gli increspò le labbra, l'uomo pose entrambe le mani sul bastone da passeggio.
Eri tu allora? Io non ti ho chiesto niente...
Grazie...”
Oh, non c'è di che... l'importante è che tu ti faccia rispettare caro... Io sono in grado di aiutarti.
Ancora.”
Il momento del tributo era arrivato dunque.
E come? Mi ci vorrebbero venti anni in meno...”
Oh, ma è proprio questo a cui mi riferivo... e nel tuo ANIMO sai che posso farlo...”
L'adrenalina si sciolse nelle vene e aumentò di mille i battiti del cuore di Ragno.
La prospettiva di vendicarsi lo eccitò e gli fece rizzare i peli sulle braccia.
Un timido sorriso si affacciò sulle labbra, ma una fitta gli ricordò i tagli profondi nelle gengive.
L'uomo si avvicinò al barbone, che non si ritrasse, e gli impose una mano sul capo.
Il contatto bruciò.
Il riccone si ritrasse e Ragno avvertì un gran sollievo ovunque, come si fosse destato da poco.
Prese una lastra di vetro li a fianco e vi si specchiò alla luce della lanterna.
Esclamò di gioia nel vedersi bello, giovane e senza un graffio.
Voltò il capo verso l'intruso, gli occhi scintillanti e lacrimosi, non conoscendo parole per esprimere la sua gratitudine.
C... come hai fatto? Ma chi sei tu, un diavolaccio?”
Ci sei quasi... a dopo le presentazioni, Ragno... ora abbiamo da fare, no?”
Si guardarono e Ragno cominciò ad avvertire una punta di agitazione, che comunque scacciò via specchiandosi nuovamente nel vetro.
Cosa vuoi in cambio?”
Non parliamo ora di affari, caro... Non credi sia il caso, ora, di vendicarti di quel ragazzino? Magari l'effetto della mia magia potrebbe svanire in poco tempo...”
Potrebbe accadere davvero?”
E chi lo sa...”
Ragno si alzò di scatto, rallegrandosi ancora una volta per l'agilità nelle sue nuove gambe giovani.
Era deciso, doveva trovare quel tremendo figlio di puttana e fargliela pagare, fargli ingoiare la lingua con la quale lo aveva insultato.
So io dove trovare chi cerchi, Ragno. Andiamo?”
Il barbone si fidò e prese la mano dell'uomo nella sua, lasciandosi guidare fuori dall'hotel.
Camminarono a lungo, vicini e complici, senza parlare.
Giunti che furono davanti al tunnel dove sostava Ragno di giorno, l'uomo si arrestò bruscamente e si voltò verso il barbone in trepidante attesa.
E' qui.”
Ragno, eccitato, non rispose nulla e si lanciò di corsa nella stazione della metropolitana, scavalcando la transenna con la quale era stata chiusa.
Ed eccolo lì, il piccolo topo di fogna.
Rideva con i suoi amici, la sua testa rapata alle luci delle loro torce, fumava uno spinello incurante del pericolo.
Perché Ragno, quella notte, sarebbe stato il suo più grande incubo.
Il barbone si avvicinò cautamente alla piccola combriccola, ascoltando i discorsi deliranti circa ebrei e froci.
Piccoli bastardi figli di papà.
Con uno scatto felino, si portò dietro al corpo del ragazzo e gli sferrò un pugno alla nuca.
Colto di sorpresa, il giovane si accasciò a terra, la vista annebbiata dal dolore e le lacrime negli occhi.
In un attimo barbone e teppista furono soli.
La comitiva di piccoli topolini si dileguò in un secondo, spaventata da chissà cosa.
Ragno osservò il ragazzo riacquistare lucidità e rialzarsi, in guardia, voltando il capo dalla sua parte.
Il barbone lo scrutò, livido in volto, sorridendo di rabbia a quell'insulso viziato.
Il giovane osservò il suo aggressore e cominciò a digrignare i denti, fino a urlare in maniera bestiale, il sudore freddo incollato alla giacca.
Stai zitto, stronzo.”
Ragno si mosse rapidamente e tirò un calcio tra le gambe del ragazzo che si accovacciò a terra, stupito. Senza pensare, ascoltando solamente una voce nella mente, flebile ma nitida, il barbone sferrò un ulteriore pedata sulla bocca aperta del teppista che sputò tre denti inghiottendone altri quattro tra urla e gemiti.
La colluttazione continuò a senso unico finché il barbone, ancora galvanizzato dalla violenza, prese la lingua sporca e scivolosa del ragazzo e cominciò a tirare.
Oramai esanime e completamente coperto di lividi e sangue, la vittima riprese conoscenza e cominciò a divincolarsi, terrorizzato e con i pantaloni bagnati di urina.
Gli occhi infuocati dal furore cieco, Ragno strappò la sua lingua, facendo sprizzare sangue ovunque, e la ricacciò con un sorriso folle nella bocca del giovane, svenuto dal dolore e accovacciato a terra.
Ma a Ragno non bastava, voleva vederlo soffrire e soffocare con gli occhi fuori dalle orbite.
Lo schiaffeggiò a lungo finché questo non riprese un minimo di conoscenza.
Al sapore del proprio muscolo molle e insanguinato tra i denti, la vittima ebbe i primi conati di vomito acido.
Troppi spinelli, bastardo... e troppa birra.”
Il barbone chiuse con una mano sudicia la bocca al ragazzo, ora impossibilitato a sputare la sua stessa lingua, e il naso con l'altra impedendogli così di respirare in qualsiasi maniera.
Lo vide diventare rosso in volto, strabuzzare gli occhi nel vuoto e osservò il fiotto di bile che fuoriusciva dalle labbra sigillate.
Lo vide morire nelle più atroci sofferenze e accolse quel trapasso con un sorriso largo e soddisfatto, privo di rimorso e colmo, invece, di pazza eccitazione.
Allora...
Ti sei vendicato...
Ti senti meglio?”
Ragno sobbalzò e si voltò fulmineamente, fissando lo statico uomo distinto che gli aveva fatto dono, poco tempo prima, della forza e della giovinezza.
Lo guardò, addolcì i lineamenti e rise di gusto, annuendo.
Bene, molto bene.
Ora veniamo a noi... Avvicinati.”
Ragno, sempre sorridente, si alzò non riuscendo, però, a staccare lo sguardo dal corpo esanime del giovane. Era veramente soddisfatto della sua vendetta e del modo in cui era stata compiuta. Da tempo non si sentiva così in forma.
E doveva tutto a quello strano ospite.
Si avvicinò all'uomo, pulendosi la bocca col dorso della mano e lisciandosi i capelli unti e sporchi di sangue fresco.
Mi devi la tua anima, Ragno.”
Il sorriso scomparve dalle labbra del barbone che cominciò a tremare, fingendo di non aver compreso la frase.
S... scusa? Non ho capito bene...”
Hai capito Ragno, hai capito molto bene altrimenti il tuo cuore non avrebbe perso un battito e le tue mani non avrebbero cominciato a sudare.
Mi hai chiesto se ero un diavolo... Io sono Il Diavolo.
Hai avuto la tua vendetta, sei tornato giovane per una notte e hai riacquistato la forza perduta. Lo avevi desiderato dopotutto, no? Io ho espresso il tuo desiderio e tu ora mi devi qualcosa.
E io voglio la tua anima.”
Il demone sorrise sornione mentre Ragno tremava e piangeva.
Ti prego, fammi tornare vecchio, fammi apparire di nuovo le ferite... Torna indietro nel tempo, hai i poteri, puoi farlo, no?”
Oh, io potrei ma... non ne ho voglia!”
L'uomo distinto dalla bombetta stravagante agitò il suo bastone da passeggio e lo puntò verso Ragno.
Il barbone, gli occhi sgranati al semplice chiarore delle torce ancora accese dei ragazzi, cominciò a pregare un dio in cui non credeva.
Tutto pur di salvare la sua anima nera.
Nera.
Tutto a un tratto una risata cristallina e quasi infantile invase il tunnel della metropolitana e una nebbiolina bianca e densa si disunì dal corpo del barbone accorpandosi al bastone da passeggio.
Il barbone cadde, ansimante, mentre il Diavolo sorrideva, soddisfatto.
Agitò una mano e una piccola fiammella comparve ai piedi di Ragno.
Prima che lui stesso ne potesse prendere coscienza, il suo corpo cominciò a bruciare come alimentato da benzina. Arse tra le urla, avvertendo ogni singolo lembo di pelle avvizzire sotto il potere del calore.
Il Diavolo osservò divertito la scena, poi, quando Ragno si accasciò definitivamente a terra morto, si avvitò su sé stesso e scomparve.
Il mattino seguente il capostazione trovò un vecchio arso dal fuoco sotto il tunnel della metropolitana . Del ragazzo nessuna traccia.


Astri di paura - 0111 edizioni - 2009







lunedì 30 dicembre 2013

L'ultimo giorno del 2013 sarà domani...

Ragazzi, non so voi, ma io non vedevo veramente l'ora che finisse quest'anno.Sicuramente questa è una frase tipica del 30/31 gennaio, ma chi mi conosce sa perfettamente che sono stati 365 giorni  (e rotti) veramente orripilanti. Ne salvo una manciata, ovvero quello in cui mi sono sposata, il viaggio di nozze e il giorno che ho saputo che avrei messo al mondo un piccolo indemoniato... Per il resto è meglio buttar via tutto. Per questo motivo, dal momento che sono una nostalgica, voglio dedicare un racconto horror a tutti. In fondo, anche gli eventi brutti, ci aiutano a crescere, a sopravvivere nell'unica vita fornitaci e... beh, forse a essere persone migliori, perché no? Di seguito, quindi, vi regalo:



IL SORRISO DELLA BESTIA


Il Natale era alle porte, per lo meno lo scoccare dell'orario che ne avrebbe decretato l'inizio temporale. Ciò che si stava consumando, e che si sarebbe protratto per tutto l'anno, lo fece rabbrividire. Il cielo, nero come poteva esserlo soltanto quella notte, lo sovrastava come volesse schiacciarlo al suolo. Poteva avvertirne il peso soverchiante. Il sorriso diabolico e infido del demone sembrava accompagnarlo a ogni passo e l'ansia cresceva, rapida come una cascata. Si avviò con passo sicuro verso il portone di legno, facendosi largo tra le persone sorridenti e in festa. Festa... Il Natale era una festa, ancora, tra i vivi. Era incomprensibile, ed Evan lo sapeva ma... Possibile far vedere a un cieco la realtà limpida e chiara che si staglia davanti ai suoi occhi? Pensabile far sentire a un sordo il rombo lontano della menzogna? Abbassò lo sguardo, incerto se entrare, e sospirò. Si stava preparando al peggio, ne riconosceva i sintomi nello stomaco. La scarpa destra, bagnata di sangue, sembrava emettere scintille guizzanti, come se chiunque fosse in grado di vedere l'enormità del suo percorso. Sorrise. Nessuno avrebbe saputo, nessuno avrebbe solo immaginato. Aggrottò la fronte, assumendo quell'espressione che tanto era piaciuta a Linda quando si erano conosciuti, e procedette a passo rapido verso l'interno. L'eco dei suoi passi cercava di calmare il suo spirito, lo avvertiva, come se il fenomeno pulsasse di vita propria... Ma sapeva, già in partenza, la follia dei suoi pensieri. Forse uccidere un demone comporta la pazzia. Forse credere di uccidere una creatura infernale è da pazzi, dopotutto. Si fermò nella navata centrale e, scostando un ciuffo di capelli neri con la mano, scrutò l'interno della Chiesa con più attenzione. Era lì, lo sentiva. Avrebbe potuto odorarne l’olezzo se solo avesse voluto. Ma non lo desiderava. In fin dei conti, l'acidità che permeava nelle sue narici era ancora troppo forte per desiderare altri effluvi negativi.
Eccolo il guerriero senza pace... Eccolo l' UOMO che crede di aver capito tutto dell'universo! Ancora non riesco a realizzare come tu abbia potuto uccidere Bune e farla franca...”
Avrebbe voluto sobbalzare dallo stupore. Avrebbe voluto provare paura per quella vocetta piccola e infida. Avrebbe voluto desiderare fuggire il più lontano possibile, dimenticare ogni battaglia e riabbracciare Linda davanti all'albero di Natale, appena finito di addobbare. Avrebbe voluto, ma in fondo non poteva... Amava quella vita, desiderava quell'adrenalina, nonostante fosse la sua firma sul contratto della morte. Mise una mano in tasca e afferrò il suo pacchetto di Amadis rosse. Sfilò una sigaretta, l'accese e tirò una boccata di nicotina.
Veleno.
Ma non era quello il tipo di male che si sarebbe insinuato nelle sue vene. No.
La vecchia lo fissava, il sorriso infingardo dipinto sulle labbra. Evan la rimirò con attenzione. Era la prima volta che si fronteggiavano e voleva che la sua immagine lo accompagnasse ovunque, come un tormento costante. Ovunque... sempre che fosse riuscito a rimanere vivo, cosa improbabile. Sorrise, mesto, contemplando la scarpa macchiata di sangue e la vecchia se ne rese conto.
L'hai ucciso e lo hai lasciato bruciare come un appestato, grande figlio di puttana. La mia creatura... Hai ucciso mio figlio. Hai passato il segno ed è ora che tu paghi per i tuoi errori.”
Non ci credi neanche tu, vecchia, in ciò che dici. L'ho ucciso perché questo è il mio compito... Lo sai bene. Sembra impossibile distruggere te, invece...”
E tu vorresti uccidermi la notte di Natale? Tu credi sul serio che mio padre acconsentirebbe a un delitto simile? La notte di Natale?”
La vecchia era quasi divertita, nel suo vestito nero con stampa di viole. I capelli raccolti in un crocchia argentata, fissava Evan con lo sguardo lucido e le sopracciglia alzate dallo stupore. Un uomo poteva essere così stupido? Eppure sembrava davvero convinto delle sue supposizioni. Quel maledetto umano si era messo sulle sue tracce ed era riuscito a carpire le informazioni necessarie per trovarla. Era una minaccia, ma non avrebbe potuto nulla contro i suoi poteri... E lo sapeva, dopotutto.
Hai paura, vecchia?”
Io, paura? Stai scherzando, spero. Basterebbe solo un mio pensiero per annientarti...”
Balle. Mi avresti già ucciso. Nonostante questo sia un luogo di culto per umani, è stato consacrato al tuo antagonista e non puoi nulla contro la sua volontà.”
Sto qui dentro e questo già vale ad annullare ciò che stai dicendo.”
Sei qui dentro perché hai una componente umana... Niente di più, niente di meno.”
Evan sostenne lo sguardo truce della vecchia. L'aveva messa in difficoltà e ne era soddisfatto. Avvicinò la sigaretta alla bocca, aspirò una boccata e disperse il fumo nell'aria. Non poteva attendere oltre. Sembrava fossero passate ore dal suo ingresso nel luogo sacro, ma l'orologio al polso diceva il contrario. Due minuti che parlava con la vecchia e le sue speranze già venivano meno. Doveva agire in fretta.
Udì gli schiamazzi notturni della gente in festa, i canti di Natale fuori dalla Chiesa, alti e potenti, a rinnovare la magia che ogni anno veniva a crearsi sul mondo. Gli uomini ignoravano il potere che Dio aveva concesso loro, lo ignoravano pur continuando a credere nell'Alto. Costruivano Chiese, luoghi di culto, come insulsi pagani. Eppure avevano fatto di tutto, in epoche passate, pur di allontanare lo spettro della stregoneria e dell'esoterismo. Evan osservò l'altare, dietro alla spalle della vecchia, e considerò la sua vita in meno di un secondo. Sarebbe stata la sua ultima scena, il suo ultimo spettacolo per il genere umano. Linda, la sua amata Linda, aveva accettato con il pianto il suo compito. Lei era l'unica che sapeva; aveva cercato in ogni modo di dissuaderlo dalla sua missione. L'aveva udita inveire contro il suo maestro, urlare contro le sue credenze. Non avrebbe mai compreso. Deglutì, avvertendo il bruciore del fumo in gola. Avrebbe salvato anche lei, assieme al mondo intero.
Sai che, se anche tu mi sconfiggessi, arriverebbe un nuovo anticristo a minacciare il tuo amato universo? Sei cosciente di questo, vero?”
L'espressione sardonica della vecchia gli fece vibrare la pelle fredda. Aveva ragione, ma non poteva soffermarsi a riflettere su l'eventualità di... Chiuse gli occhi e respirò a fondo, calmando l'anima. Sarebbe venuto meno il suo coraggio e i suoi propositi.
Non importa, un nuovo umano prenderà il mio posto e combatterà.”
Chi te lo fa fare, stolto? Nessuno ti conosce, nessuno ti ricorderà... Potresti unirti a me, invece, e governare sul mondo a discapito del Dio inesistente che ti ha messo al mondo.”
Non combatto contro le creature infernali per quel Dio che tu reputi inesistente. Fronteggerò te e chiunque altro in nome del bene assoluto. I più deboli, gli incapaci, i dimenticati, gli emarginati: loro hanno bisogno di me.”
Quelle persone non servono a nessuno”
Quelle persone sono persone e come tali meritano di vivere serenamente. Dio ha concesso il libero arbitrio e io ho scelto da che parte stare.”
Stupido... Dio non sa neanche che esisti.” La vecchia sorrise, abbassando per la prima volta lo sguardo, e giunse le dita magre e perlacee. Una piccola scintilla scaturì dalle sue mani e un guizzo attraversò lo sguardo nero e penetrante dell'anticristo. Mutò in poco tempo, sotto gli occhi increduli di Evan, assumendo - via via - l'aspetto dei suoi peggiori incubi. Il cuore del ragazzo prese a battere tumultuoso nel petto, lasciando intuire alla vecchia il timore che lo aveva pervaso. La terra prese a tremare e le candele delle offerte caddero, una dopo l'altra, a terra. Evan cominciò a indietreggiare, ma un ghigno alle sue spalle arrestò i suoi propositi di colpo.
Come poteva essere possibile? Gocce solide e glaciali gli imperlarono le tempie, scendendo lentamente verso le guance.
La vecchia poteva abitare il luogo, data la sua natura semi umana, ma il demone che lo tallonava no. Sarebbe dovuto morire all'istante. Piano, la sigaretta ancora incastonata tra le dita, arrischiò un'occhiata fugace al portone di entrata. Bune era lì dietro, le labbra increspate in una curva perversa, ad attendere il suo tributo.
T...ti ho ucciso... Io ti ho ucciso.”
Ah... Io non posso morire... Mi hai sconfitto, è vero, ma mio padre ha rinforzato il mio essere. Rassegnati, piccolo umano, non puoi nulla contro di noi.”
Io ti ho ucciso...” Guardò di nuovo davanti a sé, a cercare, disperato, la vecchia.
Scomparsa.
Le certezze di Evan crollarono in un momento, le gambe cedettero e lui si ritrovò in ginocchio, davanti alla croce spezzata che troneggiava sull'altare nero della Chiesa sconsacrata. Corrucciò la fronte, portò il capo tra le mani e prese ad ansimare, avvolto nelle spire della confusione. Cosa stava accadendo?
Credevi sul serio di potermi affrontare? Solo Dio può, tu non sei nessuno. Ti sei arrogato il diritto di sapere. Oh, i tuoi propositi sono nobili, ma senza strumenti non puoi nulla contro di me. Sei venuto a morire, ma questo già lo sapevi. Ciò che ignoravi era la tua assoluta disfatta in poco tempo. È bastato mutare il mio aspetto in quello di mio padre e la tua mente ha vacillato a tal punto da farti impazzire. Linda... Tu vuoi Linda. Potevi rimanere con la tua donna, invece di imbarcarti in questo viaggio privo di fondamenta. Hai seguito le dicerie della tua bella setta pagana e ora ne paghi le conseguenze. Sei solo un debole, nulla più. Non mi sprecherò neanche un poco a torturati, non ne vale la pena. Ma lascia che ti dica una cosa: hai creduto nelle cose sbagliate, Evan. Io non ho bisogno di distruggere il tuo mondo, perché non devo far altro che osservare le vostre perversioni per sentirmi appagata. Arriverà il giorno in cui il trono del vostro Signore crollerà sotto il peso delle vostre colpe. A noi non resterà altro che costruire dalle macerie e dare inizio a una nuova era. Voi umani siete piccoli e stolti; non avete ancora compreso il grande disegno che mio padre ha per voi e per il vostro mondo. Io abito nella Chiesa in cui mi hai trovata, abito in ogni luogo di culto esistente e, se vogliamo, abito in ogni dove. Non ho dimora. Non c'è un antro da ricercare e da mettere a fuoco, per distruggermi... Il bene non può esistere senza male e io, in terra, provvedo all'equilibrio dei due poli assoluti dell'esistenza.”
Non capisco... Dove sono?”
Ah, non sei neanche in grado di reggere un discorso serio... Non avevi i nervi saldi? Non sei forse entrato nella casa del tuo Signore con aria spavalda, credendo di avere nelle mani il potere supremo? Sei in un'altra dimensione, Evan... La mia!”
Un vagito riempì la Chiesa e riecheggiò nei timpani del ragazzo. Evan si voltò, le lacrime agli occhi, e vide.
Vide la nascita di un demonio, vide la consacrazione del male, vide gli occhi fieri del diavolo, vide la madre degli anticristi e comprese ciò che era da sempre stato evidente.
Nessuno deve mettersi sulla strada del male. Nessuno.
Il grido di orrore si perse nel buio dell'inferno e la vecchia tornò nella sua Chiesa, accanto al candelabro delle offerte, il sorriso inquietante sulle labbra e i capelli raccolti in una crocchia argentata.
Il Natale era passato e un nuovo anticristo era nato. Per quanto tempo ancora gli uomini avrebbero festeggiato il trionfo del male senza saperlo? - La vecchia rise di gusto, sola nella sacralità della casa del Signore - Ancora a lungo. “Il male non ha bisogno di proclamare la propria presenza nel mondo per acclarare il dominio che detiene sul genere umano. Il male esiste, Dio, e non puoi farci nulla. Continua a osservare la tua disfatta dalla croce, Signore, e attendi la caduta del trono che fin'ora hai tenuto stretto. I tuoi figli ti distruggeranno e noi dovremo solo guardarti cadere...”
La vecchia si alzò dalla panca per le preghiere e si ritirò nella stanze della sacrestia. Il battere insistente dei pugni di Evan sarebbe cessato entro poco tempo, divorato dal nulla dell'inferno. Il pazzo sarebbe morto, solo, come un cane abbandonato dalle carezze amorevoli del padrone. Imprigionato nell'oscurità del male, avrebbe avuto modo di riflettere e comprendere la visione delle Parche.
La vecchia entrò nella sua camera di ancella e si distese, in attesa di suo padre.



Racconti sepolti, edizioni IL FOGLIO - 2009   copertina di Sogni Horror presenta



domenica 29 dicembre 2013

Possiamo mettere la quarta...

Che non è ciò che posticipa la prima e via discorrendo... No, lo dico solo per chi si affacciasse per questi lidi solo in questo momento... Comunque... Posso mettere la quarta di copertina del nuovo Dacon, che a me è piaciuta molto più della vecchia. Sarà che son cresciuta, che sono stata costretta a rileggere tutto da capo per poter inviare il manoscritto alla GDS corretto e revisionato ( e non mi sono annoiata, gente, il che per me è tutto dire...). Sarà che ne sono più fiera di allora, che questo ha contribuito a dar luce a "L'Inferno di Rebecca"... Insomma. Eccoci. Prendete e leggetene tutti:

 “Sarebbe stata la sua fine quella notte, ma avrebbe combattuto fino all’ultimo respiro.
Tutto pur di permettere al ragazzo di vivere la sua vita. Un muro nero costituito da una moltitudine di demoni aveva oscurato totalmente la facciata della chiesa. Impossibile oltrepassare quell’ostacolo, senza impazzire e soccombere, tra le risate sguaiate degli emissari del male e i loro insulti.”



Non si può scappare dal diavolo, è impossibile e lo sanno tutti, anche i sassi. Il diavolo è tutto e sta dappertutto, è tentatore, è malvagio, è scaltro, è infido. Soprattutto il diavolo è affascinante ed è proprio per questo che risulta ancora più difficile, per Giada, resistervi. Così come lo è stato per Sonia, prima di lei, e per tanti altri, nella storia. Ma quello che il demonio vuole, adesso, è vendetta. La vendetta di Dacon sarà lenta, inesorabile e macchinosa, ma letale. E assurdamente perfetta. O no? Potrebbe esistere, forse, il modo di riuscire a sfuggire al maligno, in qualche modo? E con quali armi lo si potrebbe combattere? Padre Giuseppe sembrerebbe la persona adatta a rispondere a questa domanda, ma come contattarlo, come farsi aiutare in un tentativo assolutamente suicida? Nico, un semplice ragazzo, dovrà riflettere, fare i conti con il proprio coraggio, con la propria famiglia e, soprattutto, dovrà accettare il fatto che il diavolo esiste, è nel mondo dei vivi ed è assetato di anime, non solo di quella di Giada. E Ostia sembra il posto adatto per accontentarlo...  


Stamane sono andata a spulciare, neanche poi tanto, internet, alla ricerca di vecchi post inerenti a Dacon e ne ho trovate di cosette interessanti... Interviste, recensioni... Ma sarebbe bello vederlo recensito ora. Non fosse altro per dar merito alla stupenda copertina di Elisabetta Baldan, e al lavoro certosino della casa editrice che ha una qualità notevole! Oh beh, incrociamo le dita :D

sabato 28 dicembre 2013

Il ritorno...

Bene...
Dopo anni e anni (cinque!) sono tornata. Da una postazione diversa, non più da Virgilio (anche perché, francamente, non ricordo assolutamente nulla delle impostazioni per entrare li dentro)... Ma va bene, tant'è... Che dire. Come cinque anni fa mi ritrovo a scrivere un post inerente al mio romanzo, al mio Dacon, al mio diavolo romano. Come cinque anni fa mi ritrovo a dire al mondo che è un romanzo che va letto, gustato e recensito, nel bene e nel male. Particolare diverso, dal passato, è il fatto che la nuova veste che ha assunto Dacon segna la mia rinascita come persona e come scrittrice. Ho terminato da poco di scrivere il mio nuovo romanzo horror, segno evidente che la gravidanza NON rende una donna più dolce, assolutamente... Intanto, lascio di seguito la nuova copertina di Dacon, il delirio del male, edito da Gds Edizioni. Vi rendo nota la quarta di copertina e... beh, per il momento può anche bastare! Se volete saperne di più, però, potete seguirmi su Facebook e su twitter... http://www.amazon.it/Dacon-delirio-male-Francesca-DAscani-ebook/dp/B00H8BTFQ4/ref=sr_1_1?s=digital-text&ie=UTF8&qid=1387563740&sr=1-1&keywords=dacon+il+delirio+del+male