mercoledì 22 gennaio 2014

Critiche costruttive e critiche distruttive... Dove finiscono le une e iniziano le altre?




Sono stata a lungo combattuta se pubblicare, oppure no, una recensione di un libro appena finito di leggere. La morale è stata che preferisco soprassedere. Lascio a tutti il potere di leggere e commentare ciò che più gli aggrada. Io, per conto mio, credo che mi limiterò a commentare ciò che mi è piaciuto, ciò che credo valga la pena leggere, ciò che so non arrecare danno ad alcuno. Perché, nonostante la gente si dichiari pronta a ricevere qualsiasi tipo di critica, credo non riesca ad accettare nulla che non sia positivo del proprio lavoro. E da una parte è comprensibile. Se si è speso del tempo e del sudore, su un qualsiasi tipo di lavoro, è giusto esserne gelosi e sperare che ognuno apprezzi tale frutto nella maniera in cui lo si propone. Come dicevo qualche tempo fa, io non sono nessuno per giudicare o criticare il lavoro altrui. Io come nessun altro. Ma... Se il proprio ego spinge la persona a credere ciecamente a ciò che ha elaborato, impedendogli di vedere ciò che realmente ha prodotto, non sarebbe dovere morale di un buon amico, di un parente, di un buon conoscente, farglielo notare? Se ci sono errori strutturali, che ne prescindono la qualità, non è dovere di una persona che tiene all'altra, rendere noti tali errori in modo che vengano corretti e, di conseguenza, evitati la prossima volta? Dove finisce una critica costruttiva e dove inizia una lapidazione? Dire che ci sono errori, e indicare anche dove e in che maniera, la reputo una critica costruttiva. Ovviamente il tutto dovrebbe avvenire in un clima di pace e serenità, dove entrambe le parti sono pronte a lavorare insieme per rendere il lavoro in oggetto migliore. Criticare brutalmente un elaborato, denigrandone la vendita e la lettura la considero una critica distruttiva. Dare giudizi della serie “Così non andrai mai da nessuna parte, questo è troppo crudo, questo è troppo debole, il lavoro nell'insieme non verrà mai apprezzato da nessuno” è ancora, secondo me, una critica distruttiva fine a sé stessa. Distruttiva per l'ego della persona che ha impiegato tempo e sudore nell'elaborazione del manoscritto, o di qualsiasi altra cosa si stia parlando, lesiva nel rispetto della stessa. Altro discorso è se si evince che c'è stata poca concentrazione nell'elaborazione. Magari per fretta. Magari per noia. Magari per voglia di procedere subito alla valorizzazione di una bozza che, forse, doveva essere ancora perfezionata. Nei miei temi, in italiano, non prendevo mai più dell'otto. Perché? Perché scrivevo troppo e mi ritrovavo a consegnare il tema in brutta copia. Perché, nel linguaggio comunque, preferivo utilizzare il gergo romano piuttosto che lo stesso italiano impiegato nella stesura di un componimento. E se sbagliavo una frase, la sua costruzione, la coniugazione di un verbo, magari più corretto se usato in un ulteriore forma verbale, non arrivavo neanche al sette. Bastava un errore e veniva compromesso l'intero tema. Bastarda la professoressa? No, semplicemente professionale. Perché mi spronava a far meglio. Perché faceva in modo, in tale maniera, di spingermi a non commettere gli stessi errori. Ma non sempre questo è comprensibile. Anzi, quasi mai. Ricordo che inviai Dacon, il delirio del male a Gelostellato, che stilò una sua valutazione, non pubblicando nulla, solo rivolta a me. L'e-mail che ricevetti fu una distruzione totale del manoscritto, evidenziando, punto per punto, cosa non andava, cosa avrei dovuto modificare, le idee balzane che vi avevo messo dentro, errori di editing del quale ero all'oscuro, dato che non ho la laurea in letteratura e la mia casa editrice non se ne preoccupava minimamente. Ci aveva perso talmente tanto di quel tempo, a stilare quella valutazione, che riuscii solo a ringraziare e a fare tesoro di tutto ciò che mi aveva detto. Ripresi Dacon in mano, lo corressi, studiai le cose che non sapevo e che mi erano state consigliate e lo inviai nuovamente per una nuova pubblicazione, quella che attualmente è in vendita per la GDS. Sono brava io? No, però mi considero umile e pronta ad accettare il lavoro, non retribuito, di chi cerca semplicemente di aiutarmi non per proprio tornaconto personale. Dato, però, che non mi chiamo Gelostellato e che non posseggo tutta la pazienza di continuare in un percorso che non rende giustizia a ciò che faccio, preferisco continuare a leggere ciò che mi piace, a scrivere le mie cose, nonostante sia cosciente che molti non le leggano perché troppo accecati dalla propria “carriera”, e amen. Lo sfogo è rivolto a chiunque e a nessuno in particolare. Chiunque voglia interagire con me, in tal senso, è il benvenuto. Solo una cosa: non ho voglia di discutere, neanche un po', di argomentazioni sterili già dibattute.

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