mercoledì 26 febbraio 2014

L'Inferno di Rebecca - edizioni Damster - un romanzo mio!




Oggi parlerò dell'Inferno di Rebecca. Non per vana gloria. Non per farmi pubblicità, anche se sarebbe del tutto normale, trattandosi del mio libro, ma perché voglio spiegare il contenuto del romanzo, non lasciando al lettore l'arduo compito di farlo o di comprenderne il significato non facile. Negli ultimi tempi si parla moltissimo della violenza sulle donne, della loro sudditanza di fronte ad aggressori in grado di manipolare e aggirare una mente che, fino all'incontro con lui, era sana e colma, sicuramente, di una gioia di vivere pari a quella degli altri. La violenza, non solo fisica, ma soprattutto quella psicologica, si insinua nella mente della vittima, comincia a logorarne le pareti e a scavare una voragine dalla quale risulta quasi impossibile risalire. La coercizione di un essere che si ritiene inferiore,, perché magari avvinto da un sentimento che dovrebbe essere amore ma, nel più delle volte, si tramuta in una sottomissione totale, reca all'aggressore un potere difficile da scalfire. Il carnefice inizia a sentirsi Dio in casa, tra le pareti, continuando a subissare la propria compagnia con cattiverie gratuite, accentuando un'insicurezza nata proprio dalle sue parole. Nessuno è al riparo da tale giogo, e nonostante si pensi che le vittime designate debbano essere donne deboli, inclini a un comportamento simile, molto spesso con un passato triste, ci si deve ricredere. La realtà è che l'arma del fascino e dell'amore è molto più forte di un carattere, se utilizzato con l'intenzione di brandire e fare male. Rebecca è una persona indubbiamente normale, prima di conoscere Stefano, con la propria vita d'adolescente e le inclinazioni sessuali proprie di una ragazza della sua età. Stefano, invece, si dimostra una persona disturbata, dalla spiccata perversione sessuale, affetto probabilmente da quella che si potrebbe definire satiriasi. La sua curiosità verso l'oscuro lo porterà nelle mani di demoni potenti, in grado di esaudire i suoi desideri sessuali nuocendo gravemente a tutti coloro con i quali verrà in contatto, facendolo sentire onnipotente e sprezzante delle regole. Ma i demoni delle regole le hanno e, nonostante si stia parlando del male puro, atto a soverchiare la coscienza umana a qualsiasi costo, le regole devono essere rispettate, pena la morte. Ma non una morte indolore, priva di sofferenze. Una morte al “Monaco di Lewis”, alla “Doria Gray”, atta a punire insubordinazioni, atta a far comprendere cosa significhi vendere la propria anima in favore della realizzazione del proprio ego. E metaforicamente, la morte è atta a provare come la violenza generi violenza. Perché di questo si parla, nell'Inferno di Rebecca. Di violenza, di squallore, di sesso perverso, di sottomissione. Esistono personaggi positivi? Si, ma come nella realtà di chi vive una violenza, non emerge. Tutto il mondo sembra ignaro alla sua sofferenza. Quale scappatoia, se non rifugiarsi in un mondo fatto di dualismi, dove il proprio doppio è in grado di agire per proprio conto? L'unica via di salvezza sembra la pazzia. Se di pazzia si può parlare. La realtà dell'Inferno è il voler sondare e spiegare come una persona, apparentemente sana e lucida, possa essere soggiogata dalla scaltrezza e furbizia di un'altra, magari dotata semplicemente di una personalità più forte. L'inferno è un intreccio di vite di esperienze, di sensazioni e, in taluni casi, di una normalità sconcertante. Volete scoprire un mondo sotterraneo che, ultimamente miete vittime come mosche? Leggete L'Inferno di Rebecca. Ma non se avete uno stomaco debole. Perché i demoni sanno essere lussuriosi, ma l'essere umano è capace di una fantasia ancora più feroce e lubrica.
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