giovedì 8 maggio 2014

Il Veleno del cuore di Barbara Risoli



IL VELENO DEL CUORE (Le avventure di Venanzio ed Eufrasia)

Sposa del suo amato. Eufrasia freme, nel suo vestito bianco vaporoso, arrossisce e incede lungo la navata. Finalmente il coronamento di un sogno, finalmente l'amore dell'uomo che ha desiderato, agognato dal profondo fin dal primo istante, combattendo e lottando, come un puma attaccato alla propria preda. Gli occhi neri, come il felino, la donna è pronta al passo ultimo di una guerra d'amore contro suo padre, unico ostacolo al suo sogno. Specchia il suo sentimento negli occhi di Aldo, soldato umile dell'esercito francese, colui che le ha rubato il cuore, che le ha catturato l'anima, e ciò che sente è... Solo rancore, tacito fastidio e profondo astio. Non sente più nessun amore per lui. Lì davanti a tutti, davanti al parroco, alla sua famiglia, agli invitati, Eufrasia dichiara il suo diniego a un'unione voluta, forse, solo per l'ottenimento del rispetto da parte di un padre rude, severo e autoritario. Colui che aveva sempre disprezzato la sua unione. Forse se Aldo avesse combattuto per la loro relazione, come aveva del resto fatto lei durante tutto quel tempo, invece di limitarsi ad accettare lo sforzo altrui prendendo a piene mani una felicità piovuta dal cielo ma mai guadagnata... Eufrasia scappa, gettando disonore sulla casata di appartenenza, generando la rabbia improvvisa del genitore, cavalcando alla disperata ricerca di una soluzione al vuoto che sente forte lacerarle le viscere e stillare lacrime amare. E Venanzio la attende. Oh si, Venanzio sembra sapere esattamente dove trovarla, come prenderla, in quale maniera concupirla. E lo farà, anche con un nuovo nome, anche con una rinnovata identità. Perché Venanzio Sauvage è un assassino, è un ladro, ma è anche colui che riuscirà a scalfire la corazza di pietra che Eufrasia costruirà, come una maschera sul suo volto, pur di non soccombere alla tristezza e al fato.
Francia 1788, primo periodo di instabilità, formazione del Terzo Stato, assurgere della borghesia a una sorta di potere che porterà, successivamente, alla rivoluzione che tutto modificherà del paese nostro cugino. Francia tumultuosa, dove ognuno inizia a guardare ai propri interessi, in cui i prezzi dei beni di prima necessità iniziano ad aumentare in favore di una regalità ottusa e negligente. La nobiltà inizia a subire i primi cedimenti davanti alla ragione di Stato, conscia, forse, dell'imminente catastrofe che troverà il suo culmine nell'anno del 79.
Francia rivoluzionaria.

La Francia di Risoli Barbara. Non esiste, un'autrice più corretta di questa, a mio avviso, per descrivere un periodo storico dal quale ella stessa sembra esser appena uscita. Con la grazia del linguaggio che la contraddistingue e la maestria nell'intessere trame fitte dall'imprevedibile epilogo, torna la scrittrice dell'Onda Scarlatta e della Stella d'Oro con una duologia ricca di sentimento e pieno coinvolgimento emotivo. Come in passato, anche ora la Risoli riesce a emozionare, catturare, vincere titubanze e scalfire cuori duri come pietre. Sciogliendo nodi storici perduti in favore dei finali che ben tutti conosciamo, la Risoli si addentra nei suoi regni perfettamente padrona di ogni angolo delle città di cui narra, cucendo trame talmente reali da riuscire a instillare dubbi di veridicità. Con un suo stile ben delineato, mai differente e per questo simile a una sorta di impronta digitale che dichiara l'autenticità come un marchio di fabbrica, l'autrice narra di amore, passione, alterigia e sotterfugi propri di secoli passati che potrebbero benissimo essere moderni e contemporanei. I rapporti familiari astiosi, ma dai legami indissolubili del sangue e del cuore; gli amori sbocciati improvvisamente, senza rigore o significato apparenti, talmente giusti da destare scalpore nelle altrui menti... Questi sono soltanto alcuni dei temi ricorrenti tra le pagine descritte dalla Risoli nei suoi romanzi che, seppur in maniera differente, tenta sempre, riuscendoci, di gettare acqua su un fuoco di sentimenti che sovente divampa laddove non si trova dialogo alcuno tra le parti. Quanto astio e incomprensione ha generato, nel tempo, il mancato confronto tra conoscenti, parenti o familiari? Quanti quei rapporti distrutti in favore di uno stupido orgoglio atto a proteggere una parte che l'uomo troppo spesso considera intoccabile, ovvero il proprio intimo fragile e incantato? E cosa può creare la sofferenza dell'oscuro, del non sapere, l'ignoranza di un sentimento agognato e mai sperimentato? Magari, poi, per paura di un'ulteriore sofferenza. Magari per mero pudore o vile accondiscendenza. Ora molti fatti narrati tra le pagine del Veleno del cuore risultano anacronistici. Non vi sono più genitori che, per via di un possibile disonore, decidono di sacrificare la felicità e la libertà del proprio figlio. Non rinchiudendo questi, comunque, in un convento votandolo a una vita di castità e santità non voluta. Ma riflettendo bene, nonostante le dinamiche nettamente differenti nel tempo, i risultati non sono poi così tanto differenti. Infatti troppo spesso, ancora, si sentono storie di giovani suicidi per paura e codardia nell'accettare un rimprovero, una punizione o semplicemente uno sguardo che potrebbe sottolineare una delusione cocente. È questo forse, al di là di tutto il resto, il messaggio puro che la Risoli lancia tramite la sua prima opera: il dialogo. Non vi è ostacolo più grande per il raggiungimento della felicità nell'unica vita che ci è concesso vivere se non la mancanza di contatto con il prossimo. Le paure di un confronto possono essere molteplici, ma l'importanza di instaurare un rapporto sincero, seppur duro, con i propri figli serve proprio a non imbattersi in situazioni dal finale tragico e incontrovertibile. Se devo esser sincera ciò che adoro dei romanzi di Barbara è proprio la voglia di trasmettere concetti profondi attraverso quelle che sembrano semplici storie di amori storici, comunque perfettamente descritti e narrati. Lasciatemi dire, infatti, che Venanzio non disattende affatto le aspettative, conoscendo i canoni amati dall'autrice, così come fanno la loro figura i personaggi maschili secondari. Come nell'Onda ricorre la figura del lavoratore che, pur non avendo la perfezione intrinseca, guadagna la propria fortuna tramite il sudore della fronte. Vi è poi la figura del padre autoritario, che pur non trovando da subito l'empatia con il lettore, si svela per l'essere umano che in fondo è, con i propri sentimenti celati e le proprie fragilità degne di un genitore catturato e avvinto dalla quotidianità a discapito del valore più alto della famiglia, che comunque è sempre pronto a recuperare nei momenti di maggior sconforto. Le donne, come sempre nei romanzi della Risoli, poi, danno il senso della forza d'animo, dell'indipendenza e dell'assoluta capacità di riuscita nei momenti bui della propria vita senza il bisogno necessario di terzi per il raggiungimento della propria felicità. L'uomo, per le donne della Risoli, è semplicemente l'arricchimento della vita, il particolare necessario alla felicità perfetta, ma non il mezzo per il quale questa viene ottenuta. La fortuna la si costruisce con le proprie mani, che si tratti di uomo o donna, indistintamente. Plaudendo un'ulteriore volta alla bravura di un'autrice a mio avviso degna delle luci della ribalta, mi appresto a leggere il secondo volume della duologia che conclude le vicende di Eufrasia e Venanzio, augurandomi che nel frattempo qualche casa editrice scopra davvero chi è Risoli Barbara. Un'autrice italiana destinata agli scaffali delle librerie e non agli e-book autoprodotti su Amazon.

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