lunedì 5 maggio 2014

Reborn di Miriam Mastrovito


Reborn

Martina e Andrea sono morti da due anni, ma il ricordo che Elga conserva di loro è vivo e presente in ogni suo giorno. Anche dopo il coma, soprattutto da quando è tornata a casa, vivendo tra le stesse mura che hanno conosciuto la felicità dei loro giorni assieme. Martina, la sua bimba dai capelli ramati e boccolosi, e Andrea, marito esemplare e dall'amore profondo, erano tutto ciò che rendeva le giornate di Elga degne di esser vissute. Martina, più di Andrea, in effetti. Ed è per questo che la donna continua, imperterrita, a perseguire nella tradizione di festeggiare il compleanno della sua bimba, confezionandole le bambole che tante ha amato e farcendo le torte che era solita divorare, felice e contenta nell'amore che le era stato riservato. Portare avanti quella tradizione è un po' come continuare ad averla vicina. E la bambola reborn dai capelli neri e gli occhi azzurri che le ha confezionato quest anno è semplicemente meravigliosa, tanto che Elga quasi immagina l'espressione estasiata della bimba nello scartare la scatola di velluto in cui è incartata. Questo evento non avverrà mai, ma Elga trae conforto solo dal pensiero dell'immaginazione, l'unica cosa che gli è rimasta da vivere in una realtà scomoda e densa di solitudine. Non ha chiesto lei di rimanere incolume all'incidente. E non ha chiesto lei di avere una sorta di stalker che la segue ovunque vada, inconsapevole, forse, del dramma che la sta logorando da due anni e che non accenna minimamente a regredire. Perché Elga è sola e vuole rimanere tale. Nessun amico, né conoscente, né parente a girarle intorno. Solo lei e il suo universo fatto di bottega e bambole reborn. Ma la notte del compleanno di Martina accade qualcosa. Elga, nel sonno, avverte davvero la presenza di Martina e, nonostante il terrore che l'evento evoca, piange di gioia, anche se il profumo che avverte non sia della sua bambina. No, non è di zucchero filato misto a vaniglia. Somiglia all'odore della terra bagnata. Ma non importa, in fondo. La manina che le stringe il braccio nel buio è reale, è della sua piccola, non è immaginazione. Non è immaginazione...

Strisciante, vagamente soffocante e decisamente inquietante. Ecco come inizia uno degli horror moderni più belli tra quelli letti ultimamente. Perché Reborn è un horror, è bello ed è decisamente un romanzo da leggere, godere e divorare. Non può esser letto centellinando pagine, non ne da possibilità alcuna. Fin dall'inizio ne appare chiaro il fascino, non lasciando adito a dubbi di sorta. Una bambola... Cosa c'è di più inquietante di una bambola? Solo una bambina sconosciuta che penetra in casa scardinando ogni certezza fin a quel momento acquisita. Non è un caso che la maggior parte dei film horror di successo abbiano per protagonisti bambole e bambini. Ma questa mia affermazione non vuole assolutamente lasciar intendere una trama scontata o priva di originalità, al contrario. Proprio per la dura prova in cui si cimenta Miriam Mastrovito, talentuosissima autrice poliedrica emergente che ho imparato a conoscere nel tempo, fin dai suoi albori con “L'ultimo rap”, il romanzo Reborn rappresenta una perla che credo abbia davvero il dovere di figurare in alto nelle classifiche. Il linguaggio estremamente colto ma mai ridondante, lo stile narrativo sciolto e capace di avvincere e catturare, i personaggi credibili e perfettamente descritti affascinano il lettore rendendolo vittima di un'assuefazione dalla quale è quasi impossibile fuggire. Si odia, si ama, ci si emoziona e si spera: Reborn è un caleidoscopio di sensazioni molteplici. Al di là, poi, dell'aspetto orrorifico dell'opera, oltretutto, ciò che è mirabile è l'alto tasso di riflessioni a cui è portato il lettore durante il procedere della storia narrata. Il libero arbitrio, l'ineluttabilità degli eventi e l'esistenza di Dio contrapposta a un Caos in grado di far credere cose del tutto prive di fondamenta sono solo alcuni degli argomenti importanti trattati. L'amore familiare, poi, viene smembrato e analizzato in maniera quasi chirurgica, svelando dinamiche impossibili da descrivere ma reali, purtroppo attuali e per nulla facili da digerire. Le violenze sui minori, la psicologia infantile e le fratture di una mente messa alla prova dal fato fanno da cornice, infine, a un romanzo completo, ben scritto e dannatamente giusto. L'ho adorato, non ho molto altro da dire, anche perché rischierei di anticipare scene ed eventi che hanno l'obbligo di esser letti. Mirabile la scena della bambina colta da doppia personalità nella sua stanza, il fotogramma alla IT in cui il bacio d'amore diventa un bacio d'orrore... L'ho divorato in un giorno e mezzo e, dico la verità, ho provato quasi la voglia di averlo scritto io! È raro mi accada una cosa simile, ma sono sincera. La Mastrovito ha dato prova di essere una grande autrice e non vedo l'ora di leggere un suo nuovo horror, decisamente un genere in cui questa meravigliosa scrittrice sa muoversi davvero con grazia e inaudito talento.

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