lunedì 14 luglio 2014

Contrada di Anton Francesco Milicia



Il Fabbro. Un pazzo scatenato che con le sue frasette in latino lo sta facendo diventar matto. Vuole innalzarsi a qualcosa che non è, a qualcosa che si crede, ma che non riesce a raggiungere perché psicopatico. Ecco cosa pensa il maresciallo Pasquale mentre prende visione dell'ennesima vittima. Vittima, creatura, in qualsiasi si voglia chiamare quello scempio lasciato dal pazzoide di Locride. Che poi ha avuto il coraggio di telefonare durante la trasmissione di “Dove sei?” seminando il panico ovunque. Possibile che la sua terra natia abbia potuto partorire un personaggio simile? Convinto di essere nel giusto, di essere al di sopra delle parti e tronfio come il padreterno. Assurdo. Inoltre, a tutto, ci si aggiunge anche la voglia di mistero degli specialisti, neanche ci si trovasse nel mezzo di un thriller di Follet, dannazione! La realtà, lo sa bene il maresciallo, riesce a valicare i confini della fantasia in maniera talmente netta e insospettata da inquietare più di un romanzo di King.
Torna Anton Francesco Milicia, questa volta con il suo primo romanzo, di ampio respiro e dalle tinte forti, quasi accecanti. Se 5 morsi di morte aveva convinto, entusiasmando e lasciando una sorta di amaro in bocca per la brevità, Contrada sazia, disseta e rinnova nuovo languore di lettura. Un thriller in piena regola, l'opera dello scrittore calabrese, in terra del profondo sud il cui calore trasuda da ogni parola, ogni singoli punto o virgola. Partendo dal pensiero freddo, lucido e razionale dell'assassino, questa volta Anton Francesco getta il lettore in pasto alla pazzia, quella vera, quella che compie efferatezze scaltre e volute, senza ombre di rimorsi, eredità di un mondo proiettato a velocità inusitata verso il futuro e il progresso. Un futuro che inghiotte il passato senza pietà, che dimentica passioni perdute, amori infranti, morti devastanti e improvvise. Indagando il dolore, quello reale, capace di modificare l'ego di un individuo al punto di condurlo a un nuovo livello di consapevolezza, la pazzia appunto, Milicia intreccia le giornate di un maresciallo stressato, pur sempre ottimista, da un caso più grande di tanti altri passati. Come diamine si può pensare di ridurre un proprio simile a pasta modellabile per dar vita alle proprie frustrazioni e macabre fantasie? Eppure la mafia lo ha sempre fatto, per proprio tornaconto, nonostante lo faccia con il bene placido di uno stato silente, troppo spesso inerte davanti a tali nefandezze. Condannando duramente la 'ndrangheta e tutto ciò che ruota attorno ad essa, Milicia conduce per mano il lettore nelle strade della sua città, quasi facesse da cicerone in uno strano e devastante tour di crudeltà e sudore. Il sangue, che scorre quasi si trattasse di rivoli cristallini di acqua fluviale, delinea i contorni abbozzati di uno stile di vita sconosciuto ai più, più consono e familiare a chi in quelle terre ci vive ed è in grado, quindi, di descriverne gli effetti e le cause. Mediante dialoghi ben scritti, mai banali, colloquiali il tanto che basta a rendere i personaggi credibili e quasi conoscenti di vecchia data, l'autore esalta il suo amore per la propria terra, sì preda di cattiverie, come del resto ce ne sono ovunque, ma talmente bella da rimanere nel cuore anche di chi “osserva” il quadro di Milicia. Le pennellate, dai grumi di colore intensi che dona Anton Francesco alla tela che è il suo Contrada, riescono a far filtrare la luce degli eventi senza ombre, crescendo di profondità e spessore man mano che il suo thriller prende corpo e guadagna terreno nella mente del lettore. L'assassino, lucido, pazzo ma razionale, diviene quasi capro espiatorio di una società troppo concentrata nella fretta di vivere, dimentica della bellezza di un'amore vissuto, dell'intensità di un affetto paterno perduto troppo presto. Ma la denuncia di Milicia va oltre. La perdita di una cultura che sente il bisogno di mettere in evidenza tramite le frasi inquietanti dell'assassino, per l'autore, sembra un dettaglio da non trascurare e da portare alla luce tramite i segnali di pazzia, quasi se lo studioso moderno sia una sorta di psicolabile da temere e allontanare. E non è forse così, d'altronde? Tra i provini del grande fratello e i programmi insulsi trasmessi dalle reti televisive che tentano di annegare la psiche umana nelle quisquilie di poca importanza colpevoli, però, di porre in evidenza tutta l'ignoranza di cui la gioventù odierna sembra cibarsi, l'essere colto sconcerta e inquieta, contrariamente a ciò che dovrebbe essere.
Magistrali, anche se un poco dispersive a volte, le descrizioni accurate dei luoghi in cui si svolgono i fatti narrati, denotando ancora una volta il profondo legame che l'autore possiede con la sua terra, particolare che si riscontra molto spesso negli autori provenienti da piccoli paesi dove ancora si respira un senso di appartenenza estraneo ai nativi delle grandi città, inglobati in un'immensa giostra barocca di vizi inutili.
Preludio a Morsi di Morte, Contrada è la storia di una società ancor prima dell'assassino e della sua caccia; antitesi alla mostruosità narrata nel breve racconto edito su amazon, il romanzo di Milicia avvince, diverte ed entusiasma, quasi fosse, in fondo, l'autoritratto dell'autore stesso che, posso assicurare, è una gran persona ancor prima di essere un grande scrittore, per nulla improvvisato nonostante l'esordio.

Vivamente consigliato, Contrada delle Case Vecchie attende di emergere dal buio...     

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