sabato 25 ottobre 2014

Le scarpe son desideri di Mara Roberti


Le scarpe son desideri

Una scarpa è per sempre. No, quello era il diamante... Eppure sembra che per Cecilia gli unici oggetti in grado di rivelare l'animo di una persona siano proprio le calzature che tale individuo indossa. E l'animo non è un particolare momentaneo. L'animo caratterizza ciò che una persona sente, vede, ama. Quindi è vero che una scarpa è per sempre. E se tale affermazione è vera, è reale anche il fatto che una scarpa ideata da Sanz è eterna. Eterna perché magica, perfetta nel suo insieme, capace di donare quel tocco che mancava prima che fosse stata inventata. Insomma, provate a pensare cosa debba significare, per una tipa come Cecilia, essere invitata alla festa di apertura del nuovo negozio di scarpe di Steve Sanz. Una gioia delirante che esplode nel petto, uno svettare verso il cielo anche senza ausilio di tacco quindici... Ma, come la bella favola di Cenerentola insegna, la festa sembra quasi irraggiungibile. Vuoi per il vestito che non c'è, vuoi per le scarpe perfette che Cecilia proprio non può permettersi, vuoi per le mail di UOMO TRANQUILLO che la gettano nella confusione più totale... Per non parlare poi delle terribili sorellastre, che nel caso di Cecilia altro non sono che le sue datrici di lavoro. Due arpie che la metà basta. La domanda nasce spontanea: riuscirà la nostra eroina a essere felice? Certamente, ma non contate sul nuovo vicino di casa, scorbutico e arrogante che...

Mara Roberti. Una scrittrice italiana che ben poco noto su Facebook, dove gli autori disperati alla ricerca della CE BIG imperversano, ma che mi ha catturata con il suo modo spensierato e fiabesco di scrivere l'amore. Un amore semplice, ricco di emozioni, dove il bello è stupendo e quasi impossibile, ma umano. Dove la donna è la Cenerentola moderna, con le sue sfortune e le amicizie assenti, ma forte della proprio modo di essere, fedele a se stessa ma con il desiderio di migliorare senza cedere al vittimismo. Oddio, questo quando non ammicca sensuale ai bicchieri di vino nel pieno del suo pessimismo cosmico, ma ci sta. Devo dire che la lettura di questo romanzo mi ha riportata indietro nel tempo, al mio periodo “monolocale/libertà/singletudine”. Dire che ho adorato, pertanto, questo libro è dire poco. Forse soltanto chi ha vissuto da solo riesce a comprendere in pieno determinati aspetti del carattere di Cecilia. Il suo sentirsi sola in una casa enorme, nonostante inizialmente lei stessa abbia fantasticato su quelle mura pensando alla gioia di abitarvi dentro. Il particolare di sperare in un miglioramento della propria vita sola e triste, confidando nella classica “occasione” in grado di risolvere l'esistenza, e il sentirsi inadeguati e desiderosi di nascondersi proprio nel momento in cui questo evento sembra bussare alla proverbiale porta. E poi c'è la bellissima e struggente sensazione di sognare a occhi aperti, la semi depressione di sentirsi sole anche in mezzo a tanta gente, il cercare un legame con persone del passato che reputavamo perfette e rendersi conto che, forse, si somiglia loro più di quanto non si pensi. Profondo e toccante il flash back sulla madre di Cecilia. L'inno alla felicità fatta di piccole cose, che nel linguaggio del quotidiano diventano cose speciali. La fine dell'amore perfetto e la conseguente depressione e voglia di evadere, che può colpire nonostante si siano generati figli, nonostante le responsabilità spingano a terra. Tenero, poi, il rapporto materno che Cecilia ha con la portinaia, alias fata madrina, che ricorda tantissimo l'affetto che molte vicine attempate dimostrano alle ragazze che vivono sole e per le quali sentono un legame che va al di là del rapporto consanguineo.
Questo romanzo è ricco di riflessioni, di psicologia tenera ed elementare che però risulta vera in maniera disarmante. Chi ha mai pensato a cosa vogliano dire un paio di scarpe indossate da una persona in un dato momento? Eppure non è forse vero che proprio grazie a questo oggetto spesso ci sentiamo meglio? Più belle, più forti. Come indossare un paio di occhiali se si è timidi. Il meccanismo è lo stesso. E Mara Roberti indaga nell'intimo del lettore, mediante la sua analisi “scarpesca”, costringendolo a pensare e riflettere sul proprio carattere e sul proprio modo di essere con gli altri. Interessante il fatto che l'autrice non faccia mai menzione delle scarpe delle amiche, nel momento in cui le descrive. Forse perché quelle, a differenza dei fidanzati o dei conoscenti, molte volte si “ritrovano” tra capo e collo, senza una reale spiegazione. Amiche né buone né cattive, semplicemente amiche che ci sono da anni e che rimangono lì, impigliate tra un assenso e un sorriso.
Vogliamo parlare del bello? Di Stefano, il vicino, che pur essendo un arrogante bellimbusto, è un figo pazzesco con il quale qualsiasi donna uscirebbe almeno una volta nella vita? Chi non sognerebbe di rimanere chiusa in ascensore con lui, se le conseguenze sono quelle vissute dalla protagonista? Io, nonostante il matrimonio e il bimbo, un pensierino ce lo farei volentieri!
Insomma, questo è stato un romanzo davvero divertente, gustoso e per nulla “già visto”. Scrivere d'amore in questo modo, così vicino a quegli Harmony che tutti bistrattano, ma che tutti continuano a leggere, credo fermamente sia un'arte.
Un'arte non di tutti.

Ma per tutti.

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