venerdì 29 gennaio 2016

Parlando con Brendan

Quando era approdato a Melbourne, di certo non si sarebbe mai aspettato di essere accolto dalla comunità come invece era accaduto. E in così poco tempo, per giunta. C'era da dire che godeva di un ottimo rapporto con il vicinato; più o meno, tutti sapevano delle sue inclinazioni sessuali e nessuno ne faceva o ne aveva mai sollevato un problema. D'altronde, come diceva Jack, quelli erano beneamati cazzi suoi.
Era a questo che pensava, quella mattina, recandosi al lavoro. Scese dal bus alla fermata poco distante dalla Neverland Press e decise di fare una passeggiata prima di salire in ufficio. Era presto, come sempre, ma quel giorno non aveva proprio voglia di lavorare più del dovuto. Stava tornando la bella stagione e il verso di un cacatua gli ricordò quanto, in fondo, adorasse il dolce tepore del sole più vicino, la brezza leggera riscaldata dal clima temperato e l'odore del mare poco distante. Scosse la testa, leccandosi le labbra, mentre un sorriso gli incurvava quella bocca a cui fin troppi uomini si sarebbero aggrappati per un momento di puro godimento. E non era ego smisurato, il suo, ma semplice constatazione. I suoi genitori si erano impegnati abbastanza per renderlo assurdamente apprezzabile. Non bello, ma affascinante. La bella di casa rimaneva Rachel, anche se era una stronza colossale.
Si voltò verso il baracchino di ciambelle e ne acquistò una, poi riprese a camminare verso i giardini limitrofi e si sedette su una panchina, le guance gonfie di pasta zuccherosa.
«Sembra buono» lo apostrofò una voce e solo il tono con cui gli aveva parlato il proprietario bastò a fargli andare quasi di traverso il boccone. Perché sapeva di chi si trattava e conosceva abbastanza bene le reazioni del suo corpo per capire che, nonostante facesse finta di nulla, non gli era per nulla indifferente. Enfatizzando la tosse, in modo tale da lasciare il dubbio tra lo spavento e l'emozione, si voltò con la fronte aggrottata verso Brendan e lo guardò in cagnesco.


«Di', ma sei impazzito? C'è mancato poco che soffocassi» replicò osservando il collega sedersi di fianco a lui, a pochi centimetri dal suo culo. Troppo pochi, Cristo!
«In effetti ti ho visto un po' troppo tronfio con quella ciambella in mano... Sembrava ti stessi leccando una figa!» rise divertito l'altro allacciando le mani dietro la nuca e inclinandosi all'indietro sulla panchina.
«Galante e signore, come sempre» commentò Dre che non poté fare a meno di delineare con lo sguardo la curva perfetta dell'addome scolpito e le cosce fasciate dai pantaloni di taglio sartoriale. Be', sì, Brendan non se la passava male, come lui del resto... Nel momento in cui gli occhi carezzarono fuggevoli l'incavo del pube, l'uccello gli si drizzò peggio delle Torri di Rialto. Porca troia, quell'uomo lo attraeva in maniera assurda, mai successa una cosa simile con altri. Distolse l'attenzione in maniera subitanea, prima che l'altro si rendesse conto della bava alla bocca per il suo cazzo, quindi si leccò i denti e riprese a guardare con finta ammirazione la natura circostante.
«Ti ho visto scendere dall'autobus e ti ho seguito» riprese Brendan sempre col sorriso sulla bocca. Una bocca che Dre si era chiesto mille volte come si sarebbe adagiata tra le sue palle, lappandone la consistenza prima di risalire lungo l'asta... Cazzo, se non l'avesse smessa subito di fantasticare su di lui sarebbe impazzito. Ed era così ogni santo giorno! Forse il suo smodato interesse verso il collega altro non era che un riflesso incondizionato verso chi si è certo non si potrà mai possedere. Non solo Brendan era al cento per cento etero, ma non sapeva proprio un fottuto niente del fatto che lui invece fosse un tiraculo. E che tiraculo, gente. La migliore zoccola dell'Oberjack!
«Be', potevi chiamarmi» lo riprese lui strofinandosi le mani per eliminare gli ultimi residui di zucchero dai palmi. Sul nero, quei granelli di cristallo rilucevano come la pelle dei dannati vampiri di Twilight.
«Ho preferito farti prendere un colpo» replicò l'altro tornando a ridere «e poi oggi è una gran bella giornata. Mi verrebbe di andare al mare, invece di rinchiudermi in quell'ufficio...»
«Io potrei... In effetti potrei davvero» sottolineò annuendo con il capo. Sapeva di far incazzare Brendan, in quella maniera, ed era il giusto compenso allo stillicidio a cui lo costringeva da quando lo aveva visto la prima volta.
«Lo so che tu puoi. In fondo non devi fare altro che leggere... Merda di un uomo che me lo ricordi ogni giorno. Che vuoi farci? La cultura che io non ho mi costringe a...»
«Tu sei costretto a stare al chiodo!» lo interruppe esplodendo in una risata sincera «Comunque tranquillo» continuò con una pacca sulla spalla - e Dio solo sa se avrebbe volentieri fatto scivolare le dita sotto la camicia bianca, accarezzando i peli del torace, tuffandosi tra quelli più folti tra le cosce, accompagnando magari la lingua a tutto il resto «verrò anche io in ufficio. Oggi viene Liam e dobbiamo definire le ultime correzioni al romanzo, quindi...»
«Quel frocio credo ti abbia messo gli occhi addosso, sai?»
«Geloso?» lo redarguì avvertendo il familiare crampo allo stomaco. Sempre più debole, man mano che passava il tempo, in effetti. Forse si stava abituando a quelle stronzate. Però era sempre più soddisfatto di non aver rivelato a nessuno il suo modo di vivere. Non al lavoro, almeno. Solo il capo sapeva e tanto bastava. Ma O'Brien era un vecchio amico di famiglia, non faceva testo...
«Oh be', per il tuo culo potrei anche cambiare sponda...» scherzò Brendan ammiccando in maniera seducente. E se solo fosse stato vero...
«Andiamo, coglione, che si sta facendo tardi...» lo invitò assottigliando lo sguardo nell'osservare l'orizzonte. Un orizzonte fatto di verde, pali della luce e panchine. Be', non si poteva avere tutto dalla vita e in fondo nulla avrebbe mai equiparato il panorama di casa sua, ad Alberta...
«Sì, andiamo latin lover. Ah!, se quello ti mette le mani addosso dillo che lo sbattiamo fuori. Certo, sempre che non ti piaccia...» continuò il collega seguendolo sul selciato.
«Dovesse piacermi ti inviterò per un triangolo, maschione» replicò lui sorridendo.
Brendan era bello, arrapante, ma... idiota come una gallina. Già, non tutte le ciambelle riuscivano col buco... Non un buco adatto a lui, comunque.

domenica 10 gennaio 2016

Zombie Nightmare 2.0

Con il numero 2127 - 11 Gennaio 2016 Editoriale Aurea da alle stampe la storia di Ester e Logan in Zombie Nightmare 2.0.
Testo: D'Ascani
Disegno: Arces

Una strana moria di persone caratterizza Austin ed Ester si trova a scappare per la vita. Al suo fianco, inaspettatamente, un gringo tutto seduzione e baldanza: Logan. Riusciranno i nostri eroi a uscire dall'incubo?

venerdì 8 gennaio 2016

Avventura dopo il Natale

Si preparò per uscire di casa con estrema cura, quella sera. Era tornato da casa di Rachel spossato e per nulla contento di ciò che era stato il suo Natale. Non perché non fosse stato tutto sommato bene, quanto perché il dolore della perdita si faceva più intenso se in compagnia di lei, capace di ricordargli entrambi i genitori con un solo battito di ciglia. Era stato straziante rivederla dopo quasi un anno ed era stato altrettanto penoso andare via, dire arrivederci ai bambini e a suo cognato, stringere in un abbraccio la gracile figura di lei ancorata a terra solo con la forza di un affetto fraterno difficile da estirpare. Nonostante la stronzaggine che Dre impiegasse in ogni dialogo affinché mollasse la presa, affinché lo lasciasse respirare senza il fantasma di una famiglia perduta.
Ma quella sera non era adatta a rivangare il passato o la tristezza del presente.
Quella sera era semplicemente sua e di chi avrebbe voluto condividere la sua stessa sete di libertà con lui. Aprì l'armadio, scelse un paio di pantaloni dal taglio informale e una maglia a maniche corte capace di fasciare il suo fisico risaltandone i punti migliori, quindi umettò i capelli con degli schizzi d'acqua e sorrise al suo riflesso della toilette. Cazzo, quanto era figo! D'altronde la fortuna di trascorrere gennaio a Melobourne era senza eguali: vestiti leggeri e lieve brezza sul volto. L'estate australiana era l'inverno del resto del mondo... sublime!
«Surreale anche, eh, Billy?» commentò i suoi pensieri voltandosi verso il suo pastore sonnacchioso. Quell'ammasso di peli non faceva che dormire! Schioccò le labbra, mandandolo idealmente al diavolo, e uscì dalla porta sul retro salutando Jack che proprio in quel momento usciva per la sua passeggiatina serale. Claudicante come sempre e con quella tuba alla Zio Sam che lo faceva sempre sorridere.
«Ehi, Jack, come butta?» lo apostrofò incamminandosi oltre il giardino con le chiavi che facevano la spola tra una mano e l'altra.
«Ehi, ragazzo! Tutto bene, tutto bene. Tranne quella filippina del cazzo che tenta di avvelenarmi ogni giorno con la sua cucina di merda, tutto bene» rispose il vecchio, proseguendo sul marciapiede,  traballante sul suo bastone. Reduce di guerra, quello strambo esserino gracile e dinoccolato era una sagoma, ma povera la colf che gli capitava sotto mano! Ne cambiava almeno una ogni due mesi e Dre non ricordava più il record dell'ultima.
«Non ci credo che è così cattiva» commentò con un sorriso sulle labbra mentre scuoteva la testa, divertito. Dopo pochi altri convenevoli, salutò il vecchio soldato e si fermò alla fermata dell'autobus. Non aveva la macchina e a ben guardare non era una gran perdita. Meno stress, meno soldi da sperperare e tutta la gente del mondo da conoscere. Alzò un sopracciglio, sorridendo dei suoi pensieri, narciso, poi protese la mano per fermare il mezzo.
Prese posto a tre file dalla fine, guardandosi attorno. Notò subito il moretto seduto a pochi passi dall'autista, lo sguardo perso nel vuoto del buio esterno, vestito in maniera casual, ma ordinata, e lunghi capelli spioventi davanti agli occhi dall'aria vagamente ribelle. Dre non era tipo di eccitarsi al solo guardare un bel ragazzo, ma dovette ammettere che c'era qualcosa in quel tizio che lo intrigava. Ci pensò su un momento, si grattò distrattamente il labbro superiore, si guardò di nuovo attorno senza realmente osservare nessuno, poi si alzò e si incamminò ondeggiando verso la meta.


«Scusa... Io... credo di conoscerti» iniziò catturando l'attenzione del moretto che a quelle parole sollevò sorpreso lo sguardo.
«Scusa? Dici a me?» chiese come se si fosse appena svegliato, il tono di voce tanto roco da insinuarsi sotto la pelle e arrivare dritto dritto al suo uccello. Cazzo, che tipo!
«Sì... Malcolm, giusto?» tentò sfoderando il suo sorriso migliore, quello con cui sapeva di far breccia, lo stesso che gli aveva procurato appuntamenti davvero niente male. Lo tirava fuori dal repertorio solo quando la situazione lo richiedeva. E quella meritava più di tante altre, davvero.
«No» rispose secco l'altro continuando a osservarlo, i capelli davanti a delle iridi assolutamente mozzafiato. Cobalto... Cazzo, aveva detto di no!
«No che non ti chiami Malcolm o no che non ci conosciamo?» insistette. E sarebbe stata la sua ultima chance, dopodiché sarebbe tornato sui suoi passi, lo avrebbe mandato a cagare e magari si sarebbe fatto una sega ripensando a quegli occhi. Forse il giorno seguente. Non aveva tutto quel tempo da perdere. Sì, ogni conquista andava coccolata, ma c'erano da considerare tanti altri fattori e il rifiuto non era un particolare irrilevante.
«Non mi chiamo Malcom... Anche se credo di averti già visto da qualche parte» commentò senza togliergli gli occhi di dosso l'altro. In effetti quel tipo cominciava a incuriosirlo non poco. Strano. Differente. Terribilmente eccitante.
«E dove?» indagò rimanendo in piedi mentre l'autobus lo sballottava un po' di qua e un po' di là. Dre si tenne con una mano all'asta di ferro sulla sua testa, sicuro di mettere in mostra i bicipiti torniti di cui andava fiero. Come tutto il resto. E che cazzo: era figo, non poteva certo far finta che non fosse così!
«In giro» rispose laconico l'altro. Ok, figo, ma... cazzo, su!
«E... quindi hai detto che ti chiami?»
«Non l'ho detto» continuò con lo stesso tono l'altro. O porca troia, quant'era difficile! Un pompino, santiddio, un pompino chiedeva, certo non la mano e il regno!
«Ok, amico, non c'è problema. Ci si vede» tagliò corto infastidito. Fece per voltarsi, ma il moretto lo afferrò per la mano, bloccandolo e inducendolo a voltarsi.
«Mi chiamo Fred e hai resistito molto più di altri. Di solito la gente se ne va al mio primo no» lo derise allargando le labbra su due file di denti perfetti. E fu un attimo. Dre avvertì il bollore della sua eccitazione salire al livello, correre oltre e gorgogliare spumeggiante nei pantaloni stretti. Si morse il labbro, davanti a quegli occhi, e la smorfia sbarazzina che gli lanciò l'altro gli tolse ogni dubbio.
«Forse andiamo dalla stessa parte...» riprese Fred accarezzandogli il polso con le dita calde. Dre osservò quel gesto, poi tornò con l'attenzione sul volto pulito del moretto ed estrasse la lingua per riprendere a mordersi le labbra.
«Forse sì.»
«Phillis Cafè?»
«Andata.»
Quando Fred si alzò, sovrastandolo di qualche centimetro, l'autobus fece una brusca frenata gettandoli uno tra le braccia dell'altro. E fu allora che che entrarono in collisione e che Dre avvertì un cazzo davvero duro contro il bacino.
«Ti scopo fino a farti urlare» si sentì alitare nell'orecchio prima che la lingua prendesse il posto delle parole e gli lambisse il lobo.
Dre si impose di respirare per non succhiarglielo lì davanti a tutti, quindi si allontanò di un passo, lo osservò e sorrise.
«Non aspettavo altro» commentò soddisfatto.